C’è un “precipizio” sulla strada di molte piccole e medie imprese italiane: nei prossimi mesi, a meno di proroghe del Temporary Framework, le banche finanziatrici non potranno più erogare prestiti garantiti alle condizioni agevolate. E, in parallelo, i primi crediti concessi a inizio pandemia potrebbero iniziare a mostrare segni di criticità. Conseguenza: le banche gradualmente potrebbero iniziare ad escutere la garanzia statale del Fondo centrale di garanzia, portando le imprese debitrici sul lastrico. Ma oggi c’è anche una possibile, parziale soluzione: si chiama Glam ed è il progetto che, nelle intenzioni del Ministero del Tesoro e della controllata pubblica AMCO (Asset Management Company), ovvero i due soggetti che hanno lavorato in questi mesi al varo del piano, potrebbe dare ossigeno all’intero ecosistema costituito da banche, imprese e Stato. Serve però fare presto con l’ok a un impianto normativo ad hoc: Glam potrà infatti ricevere prestiti solo prima che vadano in default e si attivi così il processo di escussione. I prossimi mesi, tra caro energia, guerra e inflazione, saranno insomma decisivi per evitare il “cliff effect”.

Come funziona GLAM – L’architettura della piattaforma è oramai definita. Secondo una schema simile a quello della cartolarizzazione, il piano prevede che le banche possano trasferire volontariamente i crediti garantiti (e non) sui “patrimoni destinati” di Amco (che saranno separati dal suo bilancio) e ricevano in cambio dei titoli (note senior, mezzanine e junior) in funzione dei volumi ceduti. I titoli saranno poi trattenuti dalle banche o successivamente collocati sul mercato a investitori istituzionali attraverso un processo di bookbuilding coordinato da Amco stessa. Il prezzo, e su questo Bruxelles è stata chiara, sarà determinato secondo criteri di mercato tra le banche e gli investitori. Nè lo Stato, nè Amco compreranno le notes. Amco, invece, gestirà i crediti (in qualità di master servicer e special servicer) e coinvolgerà i servicer nel recupero, e offrirà, nel caso, nuova finanza. Il successo di GLAM è subordinato a non poche variabili, a partire dal reale interesse delle Banche a cedere crediti (piuttosto che ad escutere subito la garanzia) e degli investitori ad aderire. Realistico poi che le banche siano maggiormente interessate a trasferire crediti di qualità creditizia inferiore. Tuttavia, come riconosciuto dalla vicepresidente della Commissione Ue Margrethe Vestager (si veda il Sole 24Ore dello scorso 27 agosto), questa soluzione può generare vantaggi per l’intero sistema. Lo Stato, ad esempio, allungando i tempi dell’escussione ed evitando l’intervento dell’Agenzia delle Entrate, tutelerebbe il tessuto economico industriale e le risorse del Fondo di garanzia, massimizzando nel contempo i recuperi.Per le banche, ci sarebbe un deconsolidamento contabile e regolamentare dei crediti, con un miglioramento della qualità del portafoglio e un’ottimizzazione nei recuperi. Le imprese, infine, grazie all’approccio “paziente” della piattaforma potrebbero continuare l’attività aziendale senza finire in default.  Nei piani di Mef e Amco, se non ci saranno intoppi, le banche potrebbero iniziare a fare il primo conferimento di crediti tra la fine del 2022 ed il primo trimestre del 2023, con successive “ondate” semestrali per tre anni, a fronte di una durata decennale della piattaforma. Il bacino crediti potenziale è enorme: sono circa 250 i miliardi garantiti dal Fondo centrale, e di questi circa 30 – 40 miliardi, secondo Amco, potrebbero finire in deterioramento. Una quota di essi, circa 12 miliardi nelle stime della società guidata da Marina Natale, potrebbero essere oggetto di trasferimento.

Il tassello mancante – Il piano italiano di “sistema” ha avuto un importante avallo dall’Europa lo scorso 27 agosto, quando la Commissione Ue ha dato il placet affermando che l’iniziativa non costituisce aiuto di stato. Un esito tutt’altro che scontato, considerato il non sempre facile rapporto tra Roma e Bruxelle, portato a casa dal lavoro sotto traccia condotto in questi mesi dal dg del Mef Alessandro Rivera e dalle sue strutture. In particolare dalla Direzione V guidata da Stefano Cappiello. Sciolto il nodo Ue, ora però la palla torna nel campo italiano, dove serve superare lo scoglio forse decisivo, che chiama in causa Governo e Parlamento: affinchè il progetto prenda il volo, serve infatti una norma primaria che abiliti Amco a gestire i crediti garantiti e una secondaria che disciplini l’escussione della garanzia del Fondo centrale da parte dei patrimoni destinati di Glam. Il tema ovviamente si intreccia a doppio filocon la scadenza elettorale e il cambio di Governo, ma è chiaro che se si vuole che il progetto veda la luce e non sin stringa la cora al collo delle imprese c’è una sola strada: serve fare presto:

Da Il SOle 24Ore del 3 settembre 2022 – Autore Luca Davi