Il magazzino? Adesso è cartolarizzato

Acquisto di magazzini aziendali e cartolarizzazione per poterlo finanziare, facendo ricorso a veicoli specifici, a banche tradizionali ma anche alla blockchain. E’ il business innovativo dell’inventory monetization, che si concretizza per l’azienda nella vendita delle scorte anticipando di fatto il fatturato futuro e generando flussi di cassa senza debito: “Non è un finanziamento, per l’azienda non c’è nessun carico di indebitamento, ma al contrario un aumento di equity grazie all’incasso della vendita del magazzino, il cui rischio finisce in capo a società, segregate dal bilancio di Supply@Me“, spiega Alessandro Zamboni, ceo e founder di Supply@Me, start up fintech che ha chiuso la sua prima operazione di questo genere, che integra anche il mondo dei digital asset.

L’azienda coinvolta è una media impresa italiana, con un fatturato attorno ai 50 milioni di euro, che ha ceduto una parte del suo magazzino per un valore pari a 1,6 milioni di euro. E’ attiva nella progettazione e realizzazione di veicoli industriali e speciali, sistemi elettronici, cablaggi elettrici e componentistica per vari settori, con attività in Africa e Stati Uniti, oltre all’Italia. L’operazione,  dalla struttura piuttosto complessa, fa perno sul coinvolgimento di una società di trading (“stock company”) appartenente al Fondo alternativo di investimento promosso da Supply@Me che va a caricare il magazzino sulla piattaforma per poi tokenizzarlo attraverso il conio di un Nft, un non fungible token sottoscritto da VeChain Fondation, la quale lo gestisce sulla propria blockchain proprietaria. La stessa VeChain sta sbarcando in Italia con la sua piattaforma puntando ai temi della tracciabilità e della supply chain.

Per Supply@Me il debutto sul mercato rappresenta una svolta cruciale dal punto di vista strategico per far conoscere questa opportunità per le aziende di trasformare il magazzino in liquidità e per gli investitori di poter puntare sull’economia reale. “Abbiamo trattative con diverse società italiane per altri 100-120 milioni di euro di magazzino – prosegue Zamboni -, ma anche per il coinvolgimento di una banca italiana di sistema e di due asset manager internazionali che hanno in corso una due diligence sul nostro modello per strutturare una o più operazioni di cartolarizzazione. Allo stesso tempo Cerved sta studiando l’elaborazione di un rating per le società di trading, che poi altro non sono che newco che fanno trading sugli inventory”.

Supply@Me è stata fondata in Italia ma poi “è stata creata una holding quotata al London Stock Exchange per dare visibilità internazionale al business e agevolare l’accesso alla liquidità”. La remunerazione rimane elevata anche in tempi di inflazione galoppante, dal momento che si esprime mediante la rivalutazione di magazzini il cui valore si adegua alla corsa dei prezzi.

Pierangelo Soldavini

da Il Sole 24 Ore


Una campagna di crowdfunding in attesa della cessione dei crediti

Dal crowdfunding un aiuto temporaneo alle imprese edili impegnate nelle opere finanziate con il 110 per cento. Una soluzione ponte che ha l’obiettivo di mettere le aziende con poca liquidità in condizioni di avviare e portare avanti gli interventi finanziari con il bonus. A sperimentare questa iniziativa è la Opstart, fondata nel 2015 con alle spalle 180 campagne di crowdfunding, con oltre 70 milioni in capitali raccolti. Compito di Opstart, grazie al portale di proprietà Crowdlender, e tramite lending crowdfunding, quello di supportare le imprese edili nel reperimento dei capitali necessari per avviare le ristrutturazioni.

“Con le operazioni su Crowdlender forniamo, a tutti gli effetti, un ponte in attesa di un evento finanziario certo, ovvero la cessione dei crediti fiscali, da parte dell’impresa edile, a un partner istituzionale – dice Giovanpaolo Arioldi, Ceo dell’azienda che ha già chiuso la prima campagna di questo tipo con una raccolta superiore a 1,3 milioni. -. Che si tratti di una banca o di un altro soggetto istituzionale, con questo accordo garantiamo che la società abbia poi i capitali per ripagare gli interessi, oltre al capitale raccolto in crowdfunding”. Perchè, sottolinea il manager, il rischio è che senza questo tipo di supporto e “non trovando risposte dal mondo della finanza tradizionale, le aziende non possano eseguire i lavori con il bonus 110%, su cui però hanno già vinto gli appalti”.

Il funzionamento prevede diversi step. Prima di tutto, l’azienda che effettua i lavori di ristrutturazione raccoglie, tramite crowdfunding, i capitali utili a effettuare le opere. In un secondo momento, rileva i crediti fiscali del condominio in ristrutturazione, per poi cederli a un partner istituzionale terzo, con cui è presente, fin dall’inizio dell’operazione, un accordo irrevocabile di cessione del credito. Fatto questo passaggio, l’impresa potrà quindi ripagare il capitale raccolto in crowdfunding, oltre agli interessi.

“Non bisogna dimenticare – sottolinea Anna Raschi, general manager – che le imprese, che fanno crowdfunding tramite il nostro portale, sono tutte sottoposte a un percorso di analisi de merito creditizio, così da valutarne la solidità economica, attuale e futura”. Una formula, che può essere utilizzata anche in altri casi, come sottolineano i promotori dell’iniziativa. “Il portale è aperto a tutte quelle realtà che hanno necessità di avere liquidità in anticipo, rispetto a un evento finanziario certo e futuro”.

Da Il Sole24Ore

Davide Madeddu


Chicca (Azimut Direct):Affidamento alla Finanza bancaria ormai anacronistico

“Credo che stiamo assistendo alla ridefinizione del sistema di approvvigionamento di capitale per le imprese, che vede nuovi protagonisti sostituirsi al modello bancario tradizionale quale punto di riferimento per la finanza delle piccole e medie imprese. Così durante il podcast “Finanziare l’innovazione” di Fortune Italia Antonio Chicca Managing Director di Azimut Direct S.p.a., la piattaforma fintech del Gruppo Azimut. Azimut, nato nel 1989, è il principale gestore patrimoniale indipendente italiano. Il Gruppo opera in 18 Paesi e 5 continenti e nasce dall’esigenza del Gruppo di soddisfare i bisogni di finanza straordinaria delle imprese italiane.

Azimut Direct, sui dati di Banca d’Italia, segnala come tra il 2011 e il 2022 ci sia stata una riduzione dei prestiti da parte del settore creditizio tradizionale. I dati evidenziano inoltre un altro fenomeno di cui tenere conto: il calo del rapporto tra prestiti e depositi. Questo rapporto è infatti passato da 1,52 nel 2011 a 0,86 nel primo trimestre 2022, segno di una contrazione del credito erogato  dagli enti bancari tradizionali. In questo contesto è necessaria la presenza di intermediari di finanza alternativa? E’ la fine del modello banco-centrico?

In questo momento interviene, in aggiunta o in alternativa alle banche, una nuova platea di investitori istituzionali privati, che sono specialisti nell’attività di private debt, private equity, investimenti infrastrutturali e venture capital. In sintesi, gli specialisti di ciò che viene comunemente chiamato “private capital market”. Ed anche in Italia – un ambiente particolarmente banco-centrico per quanto attiene allla finanza e alle imprese – stiamo conoscendo questa transizione verso un modello nel quale assumono un ruolo centrale gli investitori alternativi rispetto alle banche. I dati che ha menzionato – insieme alla nostra esperienza sul campo – dimostrano questa tendenza: stiamo vivendo una riorganizzazione della catena del capitale, che unisce le imprese al mondo della finanza: I segnali di questa ristrutturazione sono ormai palesi e li riscontriamo in vari indicatori. Tra questi il declino dei prestiti, che è sintomatico della contrazione dei bilanci bancari. Gli istituti di credito sono impegnati oggi in un’azione di ridemensionamento e di pulizia dalle sofferenze dei bilanci piuttosto che in un’attività espansiva. E questo declino è costante da oltre un decennio. C’è stata una riduzione netta dei finanziamenti dalle banche alle imprese di circa un 20% in questo periodo, nonostante una leggera ripresa dovuta alle garanzie pubbliche. Il secondo indicatore è la riduzione marcata del rapporto tra depositi e impieghi, che ormai da un paio di anni registra valori al di sotto della parità e si è sostanzialmente dimezzato dal 2010. E, soprattutto, la riduzione degli sportelli bancari, vero e proprio simbolo dell’allontamento della banca tradizionale dai territori e dunque dall’economia reale. Negli ultimi cinque anni sono stasti chiusi circa il 30% degli sportelli esistenti. L’affidamento sulla finanza bancaria è ormai palesemente anacronistico. Certamente non stiamo sostenendo la tesi dell’inutilità o della sparizione delle banche dal panorama finanziario. E’ tuttavia evidente un ridimensionamento del ruolo che lascia spazio ai player meglio attrezzati per la finanza a supporto della crescita. La buona notizia è che la finanza alternativa è già pronta a colmare il vuoto che si è venuto a creare.

Se prendiamo in considerazione i dati forniti dal quarto report annuale sulla finanza alternativa delle PMI del Politecnico di Milano, tra luglio 2020 e giugno 2021, il mercato della finanza alternativa ha mobilitato circa 4.23 miliardi di euro a favore delle PMI, con un aumento del 50% rispetto l’anno precedente. Un netto aumento riguarda anche il numero di imprese italiane clienti del fintech: secondo i dati di ItaliaFintech, le aziende clienti sono passate da 1092 nel 2019 a 5.970 nel 2020. Nel 2021 sono diventate addirittura 12.278. Lo scenario descritto è diretta conseguenza della difficoltà di accesso al credito bancario?

Sì, credo che questo scenario derivi dal combinato disposto di due fattori: il primo è la finanza alternativa, che ha colmato quel vuoto risultante dal declino delle banche; il secondo deriva dalla maturità della consapevolezza che c’è dell’esigenza di un ammodernamento del mercato dei servizi finanziari in senso lato, che quindi interessa non solo le banche ma anche le società di gestione del risparmio e le compagnie di assicurazione. E mi riferisco all’esigenza di avere più tecnologia nei modelli di servizi finanziari perchè la tecnologia è foriera di velocità e quindi di efficienza. Pertanto, in questi ultimi anni, sono nati e hanno prosperato modelli di servizio fintech, che sono piccoli, agili e ad alto dosaggio di tecnologia. Questi modelli offrono servizi molto simili a quelli offerti dall’establishment finanziario, ma hanno costi più contenuti e sono di più facile utilizzo in tempi rapidi.

Lei ha affermato che “una piattaforma fintech come Azimut direct risulta naturalmente predisposta verso quelle realtà aziendali che fanno dell’innovazione e dell’avanguardia tecnologica le caratteristiche del loro impegno imprenditoriale”. Come supporterete le aziende nelle sfide di innovazione, transizione digitale e tecnologica che attendono le PMI?

Azimut Direct è una piattaforma fintech dedicata all’economia reale, la cui missione è quella di individuare delle fonti di capitale esterno nella forma di debito o di equity da investitori alternativi a supporto della crescita delle imprese. Questa piattaforma sposa dunque due esigenze: da un lato l’esigenza delle imprese di trovare capitale alternativo; dall’altro l’esigenza degli investitori alternativi di trovare delle opportunità di impiego nell’economia reale. Fra questi investitori alternativi figura il gruppo Azimut che ha reso i mercati privati centrali per le sue politiche di investimento, esprimendo dunque un supporto continuo all’economia reale per effetto dell’azione di investimento dei fondi. La nostra azione di supporto è rivolta alle Pmi in senso lato, sia quelle che operano nel settore tecnologico sia quelle che operano nel settore del Made in Italy. Certamente c’è una particolare attenzione nei confronti di quelle imprese che hanno fatto propri i principi dell’innovazione, come indicato dai pilastri del PNRR (digitalizzazione, transizione ecologica, investimenti in infrastrutture e istruzione, così come i principi ESG). Queste imprese risultano attraenti per noi in qualità di possibili investitori e di proponenti di opportunità di investimento alla platea estesa degli investitori. Nel corso di quest’ultimo anno, che peraltro è il primo anno di attività della divisione Azimut Direct abbiamo incontrato oltre 850 imprese e ne abbiamo finanziate 97 per volumi che eccedono i 500 milioni di euro. La nostra attività ha quindi conosciuto una crescita importante. Siamo fiduciosi di poter contribuire ancora a finanziare la crescita delle Pmi in un momento di mercato particolarmente sfidante, dove dobbiamo gestire i costi della pandemia, il rialzo dei tassi di interesse, l’inflazione e l’interruzione della catena di approvvigionamento. C’è pertanto bisogno di un’azione di consulenza specializzata e soprattutto delle risorse che possono arrivare dai mercati di capitali. Noi ci faremo trovare pronti per raccogliere le sfide e le opportunità che ci attendono.

By Antonio Santamato

Fortune Italia 13,09,2022


Il crowdfunding italiano cresce ancora nel mattone

In Italia, il fenomeno del crowdfunding immobiliare è più recente rispetto al resto d’Europa ma la crescita del mercato prosegue senza tregua. Come influiranno, però, inflazione, aumento dei costi e dei tassi sulla modalità più “alternativa” di investire in Real Estate? Mappa dell’esistente e prospettive per il futuro sono al centro del quinto Real Estate Crowdfunding Report, la ricerca indipendente a cura dell’Osservatorio del Politecnico di Milano.

Il quadro italiano

In Italia, le piattaforme specializzate nel Real Estate sono 23, di cui 7 di tipo equity (+3 rispetto all’anno scorso quelle attraverso cui gli investitori sottoscrivono capitale di rischio dell’azienda promotrice o finanziatrice del progetto) e ben 16 di lending (+2 quelle attraverso cui gli investitori prestano capitale ai fundraisers mediante obbligazione o prestito diretto con pagamento di un tasso di interesse e la restituzione del capitale a scadenza). Fino alla data del 30 giugno, complessivamente sono state 713 le campagne, che hanno raccolto circa 287 milioni di euro (176,48 milioni dai portali lending e 110,44 milioni da quelli equity).

Nel solo 2021, invece, sono stati raccolti 107,58 milioni. Il primo semestre del 2022 è andato abbastanza bene, soprattutto per il lending, con un contributo di 70 milioni.

Le campagne italiane di lending, degli ultimi 12 mesi, hanno una dimensione media contenuta (circa 285mila euro), mentre quelle di equity sono ben più grandi, in media siamo a 1,5 milioni di euro.

L’investimento in piattaforme equity dura intorno ai 19,8 mesi, mentre i progetti lending in media 11,7 mesi. I rendimenti: il 9,8% per i portali lending e l’11,4% per quelli equity.

Si registra un boom delle ristrutturazioni (87%) rispetto alle costruzioni ex novo e il 75% è localizzato in contesti urbani. La Lombardia è il centro dello sviluppo con il 34% dei progetti (il 22% solo nella città metropolitana di Milano). Seguono Lazio, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Toscana. In media, il capitale raccolto con il lending crowdfunding copre il 61% del budget dei costi e degli investimenti del progetto, mentre nell’equity la percentuale scende al 29 per cento.

“Milano – spiega Giancarlo Giudici, direttore scientifico dell’Osservatorio Crowdinvesting del Politecnico di Milano – non è solo attrattiva in quanto tale. Ma ha anche una capacità di assicurare facilità di realizzazione dei progetti, prezzi di vendita più alti e quindi anche rendimenti più interessanti.

Scenario incerto

“La congiuntura internazionale, con l’inflazione crescente soprattutto sui costi dell’energia e delle materie prime e i tassi di interesse in aumento, rappresenta una minaccia per il crowdfunding immobiliare”, ha aggiunto Giudici. Non a caso si rileva un aumento (seppure non allarmante) del numero di progetti in ritardo o in stato di insolvenza nel 2021.

Se, da un lato, il possibile inasprimento delle condizioni di accesso al capitale può valorizzare il ruolo del crowdfunding  come fonte per un rapido finanziamento del cantiere, “i rischi di un più difficile accesso al credito – ha concluso Giudici – e di dover aumentare i rendimenti pe restare concorrenziali rispetto ad altre forme di investimento, sono concreti”.

Nella Ue, dal 10 novembre scorso è in vigore il nuovo Regolamento Ue n. 2020/1503 che darà chiarezza di contesto, trasparenza delle informazioni e gestione del rischio. Tempo di adeguarsi, sino al 10 novembre di quest’anno.

I numeri nel mondo

Quasi inesistente fino al 2012, a fine 2021 il Real Estate crowdfunding, a livello mondiale vanta una raccolta cumulata di 36 miliardi, contro i 31 miliardi dell’anno precedente, distribuiti in maniera eterogenea: 21 miliardi negli Usa, 6,5 nella Ue e 8,3 nel resto del mondo. Le piattaforme attive censite dalla ricerca sono arrivate alla soglia di 178, di cui 100 nella Ue, 36 negli Usa e 42 nel resto del mondo.

Laura Cavestri

Da il Sole 24 Ore del 10 settembre 2022


Banche, ecco il piano di Amco per gestire i crediti garantiti

C’è un “precipizio” sulla strada di molte piccole e medie imprese italiane: nei prossimi mesi, a meno di proroghe del Temporary Framework, le banche finanziatrici non potranno più erogare prestiti garantiti alle condizioni agevolate. E, in parallelo, i primi crediti concessi a inizio pandemia potrebbero iniziare a mostrare segni di criticità. Conseguenza: le banche gradualmente potrebbero iniziare ad escutere la garanzia statale del Fondo centrale di garanzia, portando le imprese debitrici sul lastrico. Ma oggi c’è anche una possibile, parziale soluzione: si chiama Glam ed è il progetto che, nelle intenzioni del Ministero del Tesoro e della controllata pubblica AMCO (Asset Management Company), ovvero i due soggetti che hanno lavorato in questi mesi al varo del piano, potrebbe dare ossigeno all’intero ecosistema costituito da banche, imprese e Stato. Serve però fare presto con l’ok a un impianto normativo ad hoc: Glam potrà infatti ricevere prestiti solo prima che vadano in default e si attivi così il processo di escussione. I prossimi mesi, tra caro energia, guerra e inflazione, saranno insomma decisivi per evitare il “cliff effect”.

Come funziona GLAM – L’architettura della piattaforma è oramai definita. Secondo una schema simile a quello della cartolarizzazione, il piano prevede che le banche possano trasferire volontariamente i crediti garantiti (e non) sui “patrimoni destinati” di Amco (che saranno separati dal suo bilancio) e ricevano in cambio dei titoli (note senior, mezzanine e junior) in funzione dei volumi ceduti. I titoli saranno poi trattenuti dalle banche o successivamente collocati sul mercato a investitori istituzionali attraverso un processo di bookbuilding coordinato da Amco stessa. Il prezzo, e su questo Bruxelles è stata chiara, sarà determinato secondo criteri di mercato tra le banche e gli investitori. Nè lo Stato, nè Amco compreranno le notes. Amco, invece, gestirà i crediti (in qualità di master servicer e special servicer) e coinvolgerà i servicer nel recupero, e offrirà, nel caso, nuova finanza. Il successo di GLAM è subordinato a non poche variabili, a partire dal reale interesse delle Banche a cedere crediti (piuttosto che ad escutere subito la garanzia) e degli investitori ad aderire. Realistico poi che le banche siano maggiormente interessate a trasferire crediti di qualità creditizia inferiore. Tuttavia, come riconosciuto dalla vicepresidente della Commissione Ue Margrethe Vestager (si veda il Sole 24Ore dello scorso 27 agosto), questa soluzione può generare vantaggi per l’intero sistema. Lo Stato, ad esempio, allungando i tempi dell’escussione ed evitando l’intervento dell’Agenzia delle Entrate, tutelerebbe il tessuto economico industriale e le risorse del Fondo di garanzia, massimizzando nel contempo i recuperi.Per le banche, ci sarebbe un deconsolidamento contabile e regolamentare dei crediti, con un miglioramento della qualità del portafoglio e un’ottimizzazione nei recuperi. Le imprese, infine, grazie all’approccio “paziente” della piattaforma potrebbero continuare l’attività aziendale senza finire in default.  Nei piani di Mef e Amco, se non ci saranno intoppi, le banche potrebbero iniziare a fare il primo conferimento di crediti tra la fine del 2022 ed il primo trimestre del 2023, con successive “ondate” semestrali per tre anni, a fronte di una durata decennale della piattaforma. Il bacino crediti potenziale è enorme: sono circa 250 i miliardi garantiti dal Fondo centrale, e di questi circa 30 – 40 miliardi, secondo Amco, potrebbero finire in deterioramento. Una quota di essi, circa 12 miliardi nelle stime della società guidata da Marina Natale, potrebbero essere oggetto di trasferimento.

Il tassello mancante – Il piano italiano di “sistema” ha avuto un importante avallo dall’Europa lo scorso 27 agosto, quando la Commissione Ue ha dato il placet affermando che l’iniziativa non costituisce aiuto di stato. Un esito tutt’altro che scontato, considerato il non sempre facile rapporto tra Roma e Bruxelle, portato a casa dal lavoro sotto traccia condotto in questi mesi dal dg del Mef Alessandro Rivera e dalle sue strutture. In particolare dalla Direzione V guidata da Stefano Cappiello. Sciolto il nodo Ue, ora però la palla torna nel campo italiano, dove serve superare lo scoglio forse decisivo, che chiama in causa Governo e Parlamento: affinchè il progetto prenda il volo, serve infatti una norma primaria che abiliti Amco a gestire i crediti garantiti e una secondaria che disciplini l’escussione della garanzia del Fondo centrale da parte dei patrimoni destinati di Glam. Il tema ovviamente si intreccia a doppio filocon la scadenza elettorale e il cambio di Governo, ma è chiaro che se si vuole che il progetto veda la luce e non sin stringa la cora al collo delle imprese c’è una sola strada: serve fare presto:

Da Il SOle 24Ore del 3 settembre 2022 – Autore Luca Davi


Garanzia Supportitalia

Al via Garanzia Supportitalia, il nuovo strumento straordinario previsto dal cosiddetto Decreto Aiuti (DL n.50/2022) per sostenere, attraverso la garanzia di SACE e la controgaranzia dello Stato, i finanziamenti rilasciati dagli istituti di credito alle imprese italiane che abbiano subito ripercussioni economiche negative a seguito della crisi russo-ucraina e del conseguente caro-energia.

Il quadro macroeconomico globale in cui si inserisce questa misura è, infatti, profondamente segnato dagli impatti della guerra in corso, le cui conseguenze si ripercuotono non solo sull’aumento delle tensioni geopolitiche, ma anche sul rallentamento dell’approvvigionamento di materie prime – essendo Russia e Ucraina due fornitori strategici nei settori dell’agricoltura, dell’energia e delle commodities in generale – e sul conseguente aumento dei costi  per garantire la continuità delle attività produttive.

Attraverso il nuovo  Temporary Crisis Framework  varato dalla Commissione europea, SACE è, quindi, autorizzata a sostenere le imprese italiane danneggiate dall’attuale congiuntura, attraverso il rilascio di garanzie su finanziamenti fino al 31 dicembre 2022, nei limiti del plafond di 200 miliardi di euro di garanzie di Stato già stanziati dal Decreto “Liquidità” (aprile 2020) e ad oggi mobilitati per 42 miliardi di finanziamenti garantiti attraverso lo strumento Garanzia Italia.

Le imprese italiane, indipendentemente dalla dimensione, dal settore di attività e dalla forma giuridica, potranno quindi accedere ai finanziamenti garantiti da SACE, purchè in linea con i requisiti stabiliti dal Decreto Aiuti.

I finanziamenti dovranno, infatti, essere destinati a coprire costi del personale, investimenti, canoni di locazione o di affitto di ramo d’azienda e capitale circolante.

Tutte le informazioni con le modalità di adesione alla misura e di accreditamento al portale Garanzia Supportitalia sono disponibili alla pagina dedicata sul sito sace.it.


Garanzia ISMEA gratuita per rinegoziare i mutui

Nel DL Energia, oltre al credito d’imposta per il consumo dei carburanti, sono presenti anche altre disposizioni a sostegno dei comparti agricolo e della pesca. L’articolo 19 concede la possibilità alle imprese attive nei predetti settori di rinegoziare e ristrutturare le esposizioni bancarie in essere, destinate a soddisfare le esigenze di conduzione o miglioramento delle strutture aziendali, procrastinando per un massimo di 25 anni i tempi residui di rimborso. La finalità della norma risiede nell’esigenza di fare fronte alla crisi di liquidità delle imprese, dovuta all’eccezzionale impennata dei costi dell’energia e delle materie prime già da metà 2021, cercando di garantire la continuità produttiva. Con la consapevolezza del legislatore dell’assenza di corrispondenza tra l’incremento dei costi di produzione e i prezzi di vendita, che restano stabili, con la conseguente contrazione dei margini di guadagno aziendale. Nel rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato e aiuti de minimis relativa ai comparti in argomento, si potra richiedere di rinegoziare o ristrutturare i mutui anche fuendo delle garanzie dirette  rilasciate da Ismea, secondo l’articolo 17 del decreto legislativo 102/2004, in modalità del tutto gratuita. In quest’ottica, la disposizione va letta a supporto del fondo di garanzia pubblica destinato ad agricoltura e pesca con un’azione di patrimonializzazione.  Duole constatare, tuttavia, che i due interventi del decreto non sono a costo zero per il mondo agricolo. Infatti, parte della dotazione prevista per le operazioni di rinegoziazione e ristrutturazione, pari a 10 milioni di euro, e l’intera copertura dell’intervento di cui all’articolo 20 alloggiano nella riduzione dello stanziamento iniziale di 50 milioni, per il 2022, destinato al fondo mutualistico nazionale a copertura dei danni catastrofali derivanti da alluvioni, gelo-brina e siccità istituito dall’articolo 1, commi 515-519, della legge di Bilancio 2022.


Sconti in aumento sul mercato delle cessioni dei crediti fiscali

Venti punti di sconto medio, con picchi intorno al 25% per ecobonus, bonus facciate e bonus ristrutturazioni. E’ una crescita costante, nei mesi, delle percentuali di sconto: un bonus 50% a giugno 2021 si vendeva al 16,7% meno del suo valore nominale, oggi viaggia al 25,5% di riduzione. Nel mercato delle cessioni di crediti fiscali non ci sono solo banche, assicurazioni e utility. Alcune di queste transazioni passano da piattaforme digitali, marketplace che si occupano di intermediare i crediti. Una di queste è Sibonus, attivata da InfoCamere, la società delle Camere di Commercio per l’innovazione digitale.  La dinamica di questi annunci (1.322 per un controvalore di 71,3 milioni di euro) consente di capire in che direzione si sta muovendo il mercato: ci sono sempre più crediti fermi nei cassetti fiscali, in attesa di essere ceduti, e sempre meno soggetti disponibili a comprare. Così, chi vuole vendere deve abbassare i prezzi.                                                                                L’andamento degli sconti è eloquente. La media degli annunci a giugno 2021 riportava sconti del 17,51 per cento. A marzo 2022, dopo gli ultimi interventi del Governo e le diverse fasi di blocco del mercato, siamo saliti fino al 20,88%: una differenza di oltre tre punti.        Su alcuni bonus, però, si sono concentrati scostamenti notevolissimi fino a quasi 9 punti. Il bonus ristrutturazione è passato dal 16,7% al 25,5% di sconto, l’ecobonus dal 17,6% a poco meno del 25%, il superbonus dall’8,7% all’11,8%. Fa eccezione solo il sismabonus, con sconti in riduzione: in questo caso le operazioni sono poche e i numeri meno significativi.

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BONUS CASA - LA CESSIONE DEI CREDITI

Da lunedì 7 marzo p.v. Poste Italiane riaprirà il servizio di cessione dei crediti di imposta per lavori edili. Lo ha assicurato l’Amm.Del., Matteo Del Fante intervenuto ieri al TGPoste. “La nuova norma che regola la cessione dei crediti ha avuto un  nuovo passaggio. Questa mattina abbiamo avuto un Consiglio di Amm.ne straordinario e possiamo comunicare che da lunedì 7 marzo, dopo aver allineato i processi al nuovo quadro, saremo nuovamente aperti per i nostri clienti per acquistare crediti”.


Minibond a quota 895 milioni nel 2021

Si consolida il mercato dei minibond tra le imprese italiane: dal 2014, anno in cui i minibond sono stati introdotti, fino ad oggi sono stati emessi quasi 1000 strumenti. In particolare lo scorso anno ha visto affluire sul mercato 150 strumenti da 134 emittenti unici, per un controvalore di 895 milioni di euro, di cui 26 quotati su Borsa Italiana e 124 collocati privatamente.

Il dato è lievemente inferiore rispetto a quanto registrato nel 2020, quando il numero di emissioni si era attestato a 176 minibond collocati per un controvalore di 1,112 miliardi di euro. A caratterizzare l’anno di questo segmento di mercato è stato l’andamento altalenante, con un quarto trimestre sotto tono, rispetto a quanto registrato nell’ultimo trimestre del 2020. Un trend che si spiega soprattutto per lo spiazzamento subito dal mercato del debito dall’introduzione delle garanzie pubbliche messe a disposizione delle imprese, le quali hanno preferito usufruire delle linee dirette di finanziamento a sostegno dei progetti di investimento.

A fare la fotografia del mercato dei minibond in Italia è il Barometro Minibond, il report trimestrale di Azimut Direct il quale si focalizza sulle emissioni obbligazionarie fino a 50 milioni di euro. Un trend “che continuerà anche durante il 2022 – ha spiegato Francesca Bartoli, responsabile analisi economiche Azimut Direct – allargando lo spettro degli strumenti di finanza straordinaria di debito non solo ai minibond ma anche alle obbligazioni convertibili e all’equity per le piccole e medie imprese, consolidando una tendenza già iniziata lo scorso anno”. Il report si concentra sulle emissioni a partire dal 2018, periodo segnato dalla costante diminuzione del fatturato medio degli emittenti, segno che sempre più aziende di dimensioni minori fanno ricorso ai minibond. Aumenta il ricorso ai mercati privati e a partire dal 2018 le emissioni private placement hanno rappresentato il 62% del totale (ovvero quasi 2 emissioni in private placement per ogni emissione quotata) fino a salire nel 2021 all’83% (ovvero, circa 4 emissioni in private placement per ogni emissione quotata), crescita in parte dovuta all’utilizzo dei basket bond. Dal 2019, anno di diffusione dello strumento, fino ad oggi, sono stati emessi 172 minibond all’interno di programmi basket bond, di cui 46 nel solo 2021. In questi ultimi 4 anni i minibond emessi in totale sono stati 646, di cui 152 quotati sul segmento ExtraMot Pro3 di Borsa Italiana e 494 collocati provatamengte, per un controvalore totale di 3,9 miliardi di euro, la cedola del 4,3% e la durata di 5,8 anni. Inoltre, il 65,8% delle emissioni si concentra in cinque regioni: Lombardia, Veneto, Campania, Lazio ed Emilia Romagna per un controvalore di circa 3,6 miliardi. Infine, la maggior parte dei minibond è stata emesse da imprese del settore industrials, per un totale di un miliardo, rappresentando il 25% del controvalore totale.

(da Il Sole 24 Ore del 26 Gennaio 2022)